Etichetta: Kranky | Anno: 2011 | Genere: Ambient, Drone

La musica Ambient-Drone è una brutta bestia. Per affascinare deve riuscire a padroneggiare quel difficilissimo equilibrio tra ritmo e dilatazione dei suoni. Deve camminare in bilico tra rumore e melodia. Deve tenere sempre viva quella tensione nei lunghi pezzi strumentali. Molti di questi lavori spesso perdono uno di questi “equilibri” scadendo nella monotonia. Risultando uno sterile susseguirsi di rumori.

Ecco, a Tim Hecker questo non è MAI successo. Seguo Hecker da quel capolavoro di Ambient-Glitch di nome “Radio Amor” , fulgido esempio di come sia possibile creare melodie ipnotiche spezzettando e riducendo in frantumi suoni classici. Dando in pasto ad un computer impazzito un notturno per pianoforte e lasciandoglielo macellare a piacimento. Ma Tim ha fatto molto altro, e tutto mantenendo livelli altissimi, fino al recente combo Ravedeath 1972 / Dropped Pianos.

Ed è di Ravedeath, 1972 che voglio parlare. Perchè Hecker si è trasferito dal Canada nella suggestiva Islanda, Reykjavik, chiudendosi in una chiesa facendosi aiutare da Ben Frost a campionare l’organo. Ripeto, come tecnico del suono Tim Hecker si è avvalso di uno delle stelle nascenti dell’ambient, autore di quel “By The Throat” che tanto (mi) ha entusiasmato.

E quello che ne è venuto fuori è un disco gelido e maestoso al tempo stesso, dove gli splendidi landscape creati da Tim riempiono i pezzi e le orecchie, dove le distorsioni non fanno che accrescere la suggestione e la sensazione di alienazione che pervade il lavoro.

Un disco denso, che rapisce l’ascoltatore attento, ma che è in grado di suggestionare anche l’ascoltatore distratto. Sicuramente va ascoltato a volumi adeguati e/o in cuffia per cogliere le mille sfumature e il lavoro certosino che è stato fatto per ogni brano.

Ancora una volta Tim Hecker ci regala una perla, ed ancora una volta il suo mix di ambient – drone – noise non solo non scade nella monotonia ma fissa una nuova vetta del genere.

 

Tim Hecker ha forse qui edificato il suo capolavoro. Un’opera densa e multiforme, che abbraccia stili diversi e tocca precordi difficilmente avvicinabili. L’autore canadese coglie pienamente nel segno, plasmando la materia ambientale con un tocco ruvido e nel contempo pregno di romanticismo. È musica per chiudersi e riaprirsi, per liberare la mente e il cuore alla contemplazione dell’infinito.Ondarock
Lavoro fortemente spirituale dove trascendenza, forza wagneriana e dialoghi con la cosmica tedesca s’intrecciano in spirali ascendenti. La varietà dell’indagine, il fantastico riverbero ottenuto nella location d’eccezione, nonché l’ottimo contributo e engineering di Ben Frost completano infine quella che è l’ennesima grande opera del canadese.SentireAscoltare

 


GiampaoloM

Ascolto Musica, vado a Concerti, Scatto foto. Vivo a Roma.

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